Storia

I Chiostri di San Pietro sono un monumento eccezionale e soprattutto unico nel panorama reggiano. Colpiscono lo sguardo e la mente grazie all’imponenza delle dimensioni, alla complessità del progetto e alla varietà del disegno, ma è la loro particolare storia a renderli così affascinanti. Un insospettabile gigante, nel cuore dei palazzi di Reggio Emilia.

Le origini

Il complesso monastico di San Pietro vanta origini del XVI secolo. A quell’epoca, con orti e cortili, occupava una vasta area tra la via Emilia e le mura cittadine. La pianta del monastero si articola intorno a due chiostri: il primo è di ridotte dimensioni e di foggia tardo quattrocentesca, il secondo è più ampio e di gusto manierista.

Il chiostro piccolo

Non appena mettiamo piede nel chiostro piccolo, veniamo subito catapultati lontano dal caos cittadino in un’atmosfera di pace e tranquillità. Volte a botte e cupolette angolari fungono da copertura, mentre sulle pareti murarie si aprono slanciate bifore, incorniciate da timpani e da lesene scanalate di gusto classicheggiante. 

A causa della somiglianza con edifici analoghi, si ipotizza che l’autore del progetto del chiostro piccolo sia l’architetto Alessio Tramello.  Nel 1524, lo scultore Bartolomeo Spani, realizza i pilastri d’angolo e le colonnine binate in marmo rosso e bianco di Verona. L’elegante chiostro doveva essere già concluso nell’autunno del 1525, quando Simone Fornari, detto Il Moresino, prende in affido la decorazione muraria.

Purtroppo nel 1959 le pareti affrescate vengono danneggiate, ma il recente restauro le ha in parte riportate alla luce. Inoltre il rifacimento della pavimentazione ad acciottolato ha restituito al piccolo chiostro l’originale atmosfera raccolta e meditativa che tanto lo caratterizza.

Il chiostro piccolo

Il chiostro grande

È impossibile non rimanere colpiti al primissimo sguardo dalla monumentalità del chiostro grande. Se il chiostro piccolo è un gioiellino, il chiostro grande è di gusto completamente diverso e con la sua imponenza scultorea ci lascia senza fiato. È stato realizzato infatti successivamente, tra il 1541 e il 1622, e presenta un aspetto tardo manierista di grande impatto. 

Lungo tutto il perimetro si svolge una teoria di serliane sorrette da eleganti colonne ioniche, alternate da aperture archivoltate a bugnato.  Il piano superiore presenta finestre timpanate e nicchie decorate da possenti statue di santi dell’ordine benedettino. Le statue sono state realizzate dai fratelli Bernardo e Francesco da Lugano negli anni Sessanta del Seicento.

I lavori del chiostro grande furono affidati ai costruttori Alberto e Roberto Pacchioni (figlio e nipote di Leonardo). Nonostante questo, la cifra stilistica è da ricondurre a un artista di ben altro spessore: Giulio Romano, in quegli anni attivo a Mantova e a San Benedetto Po.

L’aspetto originale del chiostro è stato in seguito in parte alterato da interventi architettonici di poco successivi alla conclusione dell’opera.

Il chiostro grande

Le destinazioni d’uso del tempo

Il complesso di San Pietro si è prestato nel tempo agli utilizzi più disparati. Nasce ovviamente come monastero benedettino e tale rimane fino al 1783, quando il cenobio viene trasformato in “Ritiro delle Dame”. Dal 1796 viene utilizzato come magazzino militare e successivamente come sede del Tribunale di Giustizia. 

Con la Restaurazione, l’immobile ospita l’Educandato delle Fanciulle fino al 1861. In quegli anni si pensa di attuare una trasformazione dell’edificio e il progetto viene affidato a Domenico Marchelli. Marchelli decide di uniformare il prospetto sulla via Emilia in stile neoclassico e lo inserisce nel ben più vasto progetto di abbattimento dei portici della via Emilia.  L’ingresso al complesso monastico era originariamente sul sagrato della chiesa, invece il progetto di Marchelli lo colloca sulla via principale e in questo modo separa definitivamente chiesa e monastero.

Subito dopo l’Unità d’Italia, l’edificio viene trasformato in caserma militare. Questa nuova destinazione d’uso comporterà il tamponamento delle arcate del chiostro piccolo e la realizzazione di una serie di casamenti incongrui nell’area un tempo destinata agli orti.

Dopo il 2006: l’intervento del Comune di Reggio Emilia

Il Comune di Reggio Emilia entra in possesso del complesso di San Pietro nel 2006 per convertirlo ad uso pubblico. I primi interventi di ristrutturazione hanno portato all’eliminazione delle tamponature del chiostro piccolo e al restauro degli apparati decorativi. 

Questa ristrutturazione ha consentito la riapertura dei Chiostri come sede espositiva principale di Fotografia Europea e di altre iniziative culturali, quali danza e concerti musicali.

La grande varietà delle iniziative rende il complesso di San Pietro un forte attrattore culturale su tutto il territorio.

Reggio Emilia entra in possesso del complesso di San Pietro

2017-2019: La strategia di sviluppo della città e il restauro

Il Comune di Reggio Emilia ha individuato nel complesso dei Chiostri di San Pietro l’ambito infrastrutturale di intervento per l’attuazione delle azioni strategiche del programma Por Fesr della Regione Emilia-Romagna 2014-2020.

Grazie al finanziamento dell’Asse 6 del Por Fesr, “Città attrattive e partecipate”, nel 2017 sono iniziati i lavori di restauro, recupero e rifunzionalizzazione dei Chiostri, conclusi a metà del 2019.

In virtù di questo restauro, gli spazi dei Chiostri sono ora attivi e fruibili tutto l’anno e possono ospitare attività permanenti, sia di carattere culturale sia di innovazione tecnologica e sociale. Questa novità conferma e potenzia il complesso dei Chiostri di San Pietro come cardine delle attività culturali del territorio.

Chiostri di San Pietro attivi tutto l'anno